Droni, sensori e schede Arduino: così l'innovazione aiuta l'agricoltura

Droni, sensori e schede Arduino: così l'innovazione aiuta l'agricoltura

Se è vero, come è vero, che la storia e l'evoluzione dell'agricoltura vanno di pari passo con lo sviluppo tecnologico umano e quello di conoscenze o tecniche di coltivazione, come si è passati dalla lavorazione a mano a quella con la forza animale a quella meccanica, non c'è dubbio che quelli attuali siano tempi di una nuova tecnologia e di nuove scoperte scientifiche. Imparare a conoscerle per gestirle nel modo migliore, anziché rifiutarle a priori o diffidarne, è la cosa più sensata che si possa fare, soprattutto quando queste nuove tecnologie (e scienze) si presentano più amiche dell'ambiente delle precedenti. 

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VinTank cessa le operazioni

VinTank cessa le operazioni

VinTank, il servizio di gestione dei social media del vino, chiuderà le sue operazioni il prossimo 31 Luglio 2016 (qui l'annuncio). Il nostro partner con base in Napa, California, ha annunciato la decisione presa dalla società proprietaria, che aveva nei mesi scorsi cambiato il brand in "TMRW Engine" (TMRW sta per "Tomorrow", domani).

Un domani già conclusosi per la storia non proprio breve di questa innovativa società. Fondata da Paul Mabray and James Jory nel 2009, VinTank ha fornito a proprietari di cantine e piccole attività del mondo del vino (ristoranti, wine bar, sale degustazione, wine shop, ecc.), gli strumenti per semplificare la gestione dei clienti (Customer Relationship Management, CRM) e l'ingaggio dei social customer all'interno di un'ampia scelta di social media del vino, wine blog, forum, news group, siti web.

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Digitalizzare l'azienda: sei pronto?

Digitalizzare l'azienda: sei pronto?

Quando si parla di digitalizzazione delle aziende, tutti sappiamo che cosa s'intende, giusto?

Sbagliato.

8 volte su 10 il legislatore (o il relatore ad un convegno sul tema) intende una cosa, mentre chi ascolta o legge ha in mente tutt'altro concetto. Per la maggior parte delle persone, digitalizzare un'azienda significa semplicemente  "togliere di mezzo la carta". Per altri, è un sinonimo di informatizzazione, laddove con questo termine s'intende solo "comprare uno o più computer", o aggiornare quelli esistenti. 

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I big data nel mondo del vino

I big data nel mondo del vino

C'è un oggetto misterioso che da un po' di tempo imperversa nel web e negli incubi di molti: i big data. Cosa sono? Quello che dice il nome. Dati. Enormi, mostruosi aggregati di dati e informazioni. Nel 1999, una ricerca della Barkeley's School of Information aveva rivelato che fino a quel momento erano stati prodotti circa un miliardo e mezzo di gigabytes di informazioni - cifra raddoppiata appena 3 anni dopo. Oggi pertanto il dato di fatto è incontrovertibile; aziende e persone devono imparare ad affrontare - e a gestire -  la sfida delle "3V": volume, varietà e velocità dei dati. Ciò premesso, cosa ha a che fare tutto questo con il bucolico mondo del vino? Tutto, perché, poesia a parte, anche quello del vino è un mondo fatto di tanti dati - come ben sanno gli enologi. Imparare a gestirli, a prevederli, a usarli è diventato cruciale già adesso...

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L'innovazione nel mondo del vino: a che punto siamo?

L'innovazione nel mondo del vino: a che punto siamo?

Tra le parole che ricorrono più spesso ai nostri giorni ce n'è una che rischia di dire tutto e niente, e di dimostrarsi, alla prova dei fatti, un concetto tanto trendy quanto fumoso, vago: innovazione. Cosa significa fare innovazione nel mondo del vino, cosa intendono le aziende con questo termine? E' vero che se ne fa? e dove, in quali ambiti? Ne abbiamo parlato nei giorni scorsi con un esperto (vero) del settore: l'ingegner Marco Gorini, Responsabile Trasferimento Tecnologico di Veneto Innovazione Spa.

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Vendita del vino a distanza: un sogno impossibile?

wine bottles

DTC (direct to consumer): un acronimo che per le aziende del vino è sinonimo della miglior vendita possibile, quella diretta al consumatore finale. Una vendita che si realizza soprattutto in cantina, o in poche occasioni di fiere-mercato. Peccato che quando il visitatore-consumatore abita in un paese straniero (e ci limitiamo all'Europa, per non complicarci la vita ulteriormente), la vendita diretta si presenta irta di ostacoli burocratici, dazi e gabelle. Al punto che la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) ha protestato ufficialmente per l'inerzia con cui la sua proposta viene affrontata. 

Alcune settimane fa, si è tenuto in California il DTC Wine Symposium, un importante evento  promosso da Free the Grapes! e rivolto all'industria del vino, durante il quale si è fatto il punto su quello che, anche negli USA - e per certi versi, soprattutto -, è il padre di tutti gli obiettivi: rimuovere gli ostacoli burocratici-legali che impediscono ad un qualsiasi wine lover di comprare vino in qualsivoglia cantina, e alle aziende del vino di venderglielo. Direttamente. Con la sua azienda, Reka Haros, marketer e produttrice, sperimenta già da tempo con successo una forma di DTC; in questa chiacchierata condivide con noi alcune riflessioni e la sua esperienza. 

Cominciamo dal principio: quando è iniziata l’avventura dell’azienda Sfriso nel mondo del vino? "La nostra attività di produttori comincia nel 2009. All’epoca avevamo 7 ettari con una produzione totale di circa 800 ettolitri di vino. Imbottigliavamo pochissimo. Nel 2012 abbiamo imbottigliato circa 20.000 bottiglie.  Fino al 2012 facevamo quello che fanno tutti: fiere, export management… mal di testa tanti, risultati pochi. Non eravamo competitivi. Nel gennaio del 2013 abbiamo stravolto ogni cosa. Abbiamo deciso di tagliare il cordone ombelicale con il trade, e abbiamo realizzato un nuovo listino prezzi decisamente diverso. Un listino che però ci permetteva un profitto diverso. Il nostro rischio era molto grande: d’accordo, non lavoravamo con importatori e distributori… ma il vino lo dovevamo vendere comunque, e quindi dovevamo sviluppare un business totalmente nuovo.

E' stato allora che abbiamo cominciato a vendere direttamente al consumatore.

Oggi, vendiamo all’estero circa il 98% delle nostre bottiglie. Il nostro obiettivo non è lavorare con i volumi, ma con il valore, quindi non è il numero di bottiglie prodotte che fa la differenza, ma il margine di oltre il 300% con il quale vendiamo le bottiglie".  

Come fate a servire il consumatore estero? So che consegnate personalmente le bottiglie al cliente finale: bellissimo, ma rischia di essere anche molto costoso e stancante. Soprattutto, non è per tutti. Giusto? "Le consegne sono fatte in modo organizzato. Certo,  servire clienti all’ estero richiede la conoscenza delle lingue e delle culture, anche se siamo tutti Europei. Un Olandese mangia e beve in modo diverso da noi. Ad uno Svedese interessano cose diverse rispetto ad un Tedesco. Sono tutte cose che vanno studiate. Come vanno studiate le leggi di ogni Stato europeo.  Oggi abbiamo aperto una nostra azienda di distribuzione in Olanda, il nostro mercato principale. In Danimarca collaboriamo con un importatore che è ritornato da noi dopo aver visto quanto siamo efficaci nel coinvolgere i consumatori Danesi. Per la Germania siamo in procinto di testare un canale ancora diverso. Comunque la chiave è raggruppare ordini ed utilizzare un trasportatore che espleti tutte le pratiche.  Ovviamente la spedizione ha dei costi: è per questo che conviene raggruppare gli ordini".

Quali sono stati i vostri primi problemi nel DTC e come li avete risolti?  "Il nostro primo e maggior problema è stato arrivare al consumatore, in tutti i sensi. Trovare il canale giusto non è facile. Noi abbiamo iniziato offrendo degustazioni private nelle case delle persone. Lì, abbiamo avuto la possibilità di conoscere altre persone che poi fortunatamente hanno voluto replicare la formula, condividendo l’esperienza con altri ancora… In tal modo, il passa-parola ha funzionato benissimo".

Di recente tu hai partecipato ad un particolare simposio su questo tema. C’erano altri produttori italiani? "La DTC Wine Symposium è un summit indirizzato alle aziende americane: io ero l’unica partecipante che veniva dall’Europa! La conferenza è stata molto interessante,  ho imparato molte cose e mi ha dato delle buone idee su come innovare la mia proposta. Ma la cosa più importante è stata capire cosa manca esattamente in Europa"

Ecco, veniamo al punto: cosa manca all’Europa in materia di Direct to Consumer? "Un sistema sviluppato come quello americano, che va dall’accoglienza dei turisti ai riordini dei vini. In America il DTC è un’infrastruttura che aiuta le aziende a crescere. L’offerta logistica è vasta, raccolgono i dati per fini statistici, esistono diverse tecnologie per il customer service e per il social listening. Diverse aziende offrono consulenze e workshop specifici per lo sviluppo del DTC. Niente di tutto questo esiste in Europa".

Stai dicendo che in America è più facile vendere vino direct to consumer?  "No. Negli USA non è più facile sviluppare il DTC. Ogni Stato ha le sue regole, come in Europa. Loro hanno il Three -Tier System, noi no. Ma loro hanno anche una lobby del vino molto forte che lavora affinché in tutti gli Stati si possa fare vendita diretta. La nostra lobby europea non è ancora così forte. La FIVI fa un bellissimo lavoro, ma non basta. A Bruxelles non è avvertita la necessità di cambiare il sistema.  E per cosa, poi? Per un sistema ed una infrastruttura di base che ancora non esistono? Ecco cosa manca: l’infrastruttura completa. Per sviluppare il DTC in Europa bisognerebbe idearlo come se fosse una startup internazionale: un nuovo business che va sviluppato in base ad un mercato ben definito. Il sistema vino in Europa è molto antiquato. Le leggi non tengono il passo con i tempi. Non basta far pressione su Bruxelles: bisogna saper pensare ed agire fuori dagli schemi comuni". 

Pensi che in Europa il DTC per il piccolo produttore sia fattibile in tempi brevi, diciamo un paio d’anni?  "Ne dubito. Le grandi aziende produttrici non hanno interesse a sviluppare il DTC, perché per anni hanno cercato di sviluppare ed aumentare il numero di distributori nei vari Paesi. Non penso che abbiano voglia di gettare il lavoro e gli investimenti di decenni per un’ avventura dall’esito incerto, anche se il DTC potrebbe aiutarle a migliorare le loro azioni di branding.

Dal canto loro, i piccoli produttori raramente hanno conoscenze, e soprattutto coraggio e mezzi per iniziare un’avventura che li porterebbe a mettere in gioco tutto, o quasi, il loro credo relativo al commercio dei loro prodotti. Per la maggior parte dei produttori, l’obiettivo principale è diventato vendere una bottiglia in più, e di conseguenza tutto il loro operato è in funzione di questo. Viceversa, il piccolo produttore dovrebbe pensare a vendere meglio, concentrandosi sul valore da attribuire alle sue bottiglie, non sul loro numero.  Come al solito, tutti fanno quello che hanno sempre fatto e nessuno guarda oltre il proprio naso per trovare nuove soluzioni. Ecco perché noi, azienda Sfriso, abbiamo dovuto cercare da soli le risposte alle nostre domande e necessità: perché nessuna associazione di categoria era preparata a darcele".

Però da qualche parte bisognerà pur iniziare... Qual è la cosa più difficile in questo modo di vendere il vino?  "La parte più difficile nel business del DTC è il cambiamento di mentalità. Il DTC deve partire da una convinzione: che il prodotto ha un valore, e che non bisogna avere paura di alzare i prezzi. Il consumatore finale non compera la bottiglia come la compera un importatore. Il consumatore finale cerca un valore aggiunto, un’esperienza, un racconto, un legame con il brand. Insomma, oggi se vogliono arrivare al consumatore le aziende devono essere pronte a ripensare se stesse. E a proporsi in un modo molto diverso da quello attuale". 

 

Digital Wine Business: come lavorare meglio facendo meno fatica

Photo link: businesswolf.org

Photo link: businesswolf.org

Gli strumenti digitali possono essere un incubo  quando il tuo ambiente di lavoro (il tuo capo, o perfino il legislatore) ti costringe ad usarli dando per scontato che tu sappia farlo. Oppure quando funzionano, ma non come vorresti, perché non riesci a regolarli. O anche quando non riesci a trovare la soluzione giusta per il tuo particolare problema: sai che esiste, ma non sai dove cercarla.

Quanto tempo si perde, ogni giorno, litigando con computer, programmi, tablet e smartphone?

Eppure tutto questo arsenale di meraviglie elettroniche sembravano nate per semplificarci la vita e il lavoro, non per farci dannare l'anima su ogni singolo maledetto pulsante o impostazione. Per fortuna, essere più produttivi è qualcosa che si può imparare.

Noi di Fermenti Digitali ne parleremo in un corso ad hoc: "Vendere vino nell'economia digitale - strumenti e pratiche per la produttività del venditore", organizzato da AIV Formazione di Villafranca (Verona), il 20 e 21 maggio 2016 presso la loro sede. 

Grazie ad AIV però, il 7 maggio parleremo anche di come si comporta l'enoturista curioso, consapevole e interattivo  - e lo faremo in modo pratico, con una visita ad una cantina della zona - mentre il 21 maggio sarà la volta dell'accoglienza in cantina: come attirare gli appassionati e farceli tornare. 

Tutti i dettagli dei corsi e le modalità d'iscrizione si trovano qui. Per info e iscrizioni contattare AIV Formazione allo 045 6300786, e-mail info@aivformazione.it.

Appuntamento a Villafranca!


"Vendere vino nell'economia digitale - strumenti e pratiche per la produttività del venditore"
AIV Formazione di Villafranca (Verona)
20 e 21 maggio 2016 presso la sede AIV

"Come diventare un eno-turista curioso e consapevole "
AIV Formazione di Villafranca (Verona)
7 maggio 2016
presso la
cantina Ancilla Lugana

"Accogliere in cantina: come essere una vera “cantina aperta”... Tutto l’anno!"
AIV Formazione di Villafranca (Verona)
21 maggio 2016 
presso la sede AIV

I Social Media sono uno spazio collaborativo

Una delle caratteristiche più evidenti dei social media é la loro permeabilitá: i confini tra chi parla o scrive e chi ascolta o legge sono estremamente sfumati e indefiniti, le parti si possono invertire in qualunque momento. Se si pone una barriera precisa e invalicabile tra un contenuto e il suo pubblico - per esempio, disabilitando la possibilitá di commentare un post o un articolo - il messaggio che si sta lanciando é molto chiaro:

"Non sono interessato a quello che potresti dirmi. Non voglio parlare con te, voglio che tu mi ascolti e basta".

In questo modo, la funzione social viene immediatamente a mancare, si replica la vecchia modalitá del "uno a molti" dei media tradizionali, (come la televisione) e si perde la possibilitá di stabilire un dialogo. Per conversare bisogna essere in tanti. Quando a parlare é sempre lo stesso, siamo in presenza di un monologo: l'attenzione di chi segue viene meno rapidamente (le alternative in giro non mancano), e cosí va perduta l'ennesima occasione di costruire o rafforzare il brand sull'unico vero fondamento che conti: l'interesse e l'affezione dei clienti finali.

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